Vedere l'invisibile 在線電子書 圖書標籤: 神學 圖像理論 中世紀哲學
發表於2024-12-23
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否定圖像就是否定人類。托名奧古斯丁:“在神的圖像、也就是祂的麵容中,神的子民獲得瞭標記。”區利羅:“律法是陰影與圖形,宛如一幅畫作。” 聖像破壞和阿裏烏斯的共同齣發點是否認神聖原質(ipostasi)的可見性,避免將可見物(聖像/基督)視作神。然而,第一次尼西亞會議拒絕瞭阿裏烏斯,承認原質的人-神(可見-不可見)二性;其次,聖像敬禮否認勾畫可見人性(“基督是不可見神的像”)將導緻勾畫不可見神性(“從來沒有人見過神”),盡管二性同質;再次,認為信仰圖像並非信仰圖像質料,而隻是將圖像視作記憶/愛欲裝置,因此隻是敬禮(προσκύνησις)而非崇拜(λατρεία),也不會引入復數對象 。“勾畫不可見之物”不再是不可能的,問題由此轉移到瞭勾畫對象上,即聖像和偶像的區分。
評分否定圖像就是否定人類。托名奧古斯丁:“在神的圖像、也就是祂的麵容中,神的子民獲得瞭標記。”區利羅:“律法是陰影與圖形,宛如一幅畫作。” 聖像破壞和阿裏烏斯的共同齣發點是否認神聖原質(ipostasi)的可見性,避免將可見物(聖像/基督)視作神。然而,第一次尼西亞會議拒絕瞭阿裏烏斯,承認原質的人-神(可見-不可見)二性;其次,聖像敬禮否認勾畫可見人性(“基督是不可見神的像”)將導緻勾畫不可見神性(“從來沒有人見過神”),盡管二性同質;再次,認為信仰圖像並非信仰圖像質料,而隻是將圖像視作記憶/愛欲裝置,因此隻是敬禮(προσκύνησις)而非崇拜(λατρεία),也不會引入復數對象 。“勾畫不可見之物”不再是不可能的,問題由此轉移到瞭勾畫對象上,即聖像和偶像的區分。
評分否定圖像就是否定人類。托名奧古斯丁:“在神的圖像、也就是祂的麵容中,神的子民獲得瞭標記。”區利羅:“律法是陰影與圖形,宛如一幅畫作。” 聖像破壞和阿裏烏斯的共同齣發點是否認神聖原質(ipostasi)的可見性,避免將可見物(聖像/基督)視作神。然而,第一次尼西亞會議拒絕瞭阿裏烏斯,承認原質的人-神(可見-不可見)二性;其次,聖像敬禮否認勾畫可見人性(“基督是不可見神的像”)將導緻勾畫不可見神性(“從來沒有人見過神”),盡管二性同質;再次,認為信仰圖像並非信仰圖像質料,而隻是將圖像視作記憶/愛欲裝置,因此隻是敬禮(προσκύνησις)而非崇拜(λατρεία),也不會引入復數對象 。“勾畫不可見之物”不再是不可能的,問題由此轉移到瞭勾畫對象上,即聖像和偶像的區分。
評分否定圖像就是否定人類。托名奧古斯丁:“在神的圖像、也就是祂的麵容中,神的子民獲得瞭標記。”區利羅:“律法是陰影與圖形,宛如一幅畫作。” 聖像破壞和阿裏烏斯的共同齣發點是否認神聖原質(ipostasi)的可見性,避免將可見物(聖像/基督)視作神。然而,第一次尼西亞會議拒絕瞭阿裏烏斯,承認原質的人-神(可見-不可見)二性;其次,聖像敬禮否認勾畫可見人性(“基督是不可見神的像”)將導緻勾畫不可見神性(“從來沒有人見過神”),盡管二性同質;再次,認為信仰圖像並非信仰圖像質料,而隻是將圖像視作記憶/愛欲裝置,因此隻是敬禮(προσκύνησις)而非崇拜(λατρεία),也不會引入復數對象 。“勾畫不可見之物”不再是不可能的,問題由此轉移到瞭勾畫對象上,即聖像和偶像的區分。
評分否定圖像就是否定人類。托名奧古斯丁:“在神的圖像、也就是祂的麵容中,神的子民獲得瞭標記。”區利羅:“律法是陰影與圖形,宛如一幅畫作。” 聖像破壞和阿裏烏斯的共同齣發點是否認神聖原質(ipostasi)的可見性,避免將可見物(聖像/基督)視作神。然而,第一次尼西亞會議拒絕瞭阿裏烏斯,承認原質的人-神(可見-不可見)二性;其次,聖像敬禮否認勾畫可見人性(“基督是不可見神的像”)將導緻勾畫不可見神性(“從來沒有人見過神”),盡管二性同質;再次,認為信仰圖像並非信仰圖像質料,而隻是將圖像視作記憶/愛欲裝置,因此隻是敬禮(προσκύνησις)而非崇拜(λατρεία),也不會引入復數對象 。“勾畫不可見之物”不再是不可能的,問題由此轉移到瞭勾畫對象上,即聖像和偶像的區分。
È chiaro a tutti il ruolo fondamentale che svolge l’immagine in ogni processo culturale. Non a caso, la nostra civiltà è stata chiamata “civiltà dell’immagine”.
L’immagine è una realtà potente e complessa, non meno di quella della parola, che esiste in virtù di propri meccanismi ed agisce grazie a specifiche regole di funzionamento. In altre parole, l’immagine è dotata di un suo autonomo statuto.
Lo statuto dell’immagine si è andato lentamente costituendo ed arricchendo nel corso della civiltà occidentale, dalla lontanissima antichità ai nostri giorni. E un ruolo privilegiato ed esemplare in questa lunga evoluzione è stato svolto dall’immagine artistica, quella cioè realizzata dall’opera d’arte. In essa hanno conseguito la massima incisività sia i processi formativi dell’immagine, sia la sua utilizzazione per i fini più disparati: estetici, culturali, religiosi, politici. Lo statuto dell’immagine che informa la cultura occidentale non è stato posto da un filosofo né da una corrente artistica. Curiosamente, è stato fissato nell’anno 787 dai padri riuniti nel Secondo Concilio di Nicea, il settimo concilio ecumenico della Chiesa Cattolica.
Quell’antico dibattito sull’immagine e le conclusioni di quel dibattito, accolte pur fra contrasti drammatici da tutta la Cristianità, hanno plasmato la cultura occidentale. Hanno reso possibile la storia dell’arte come noi la conosciamo (che per lunghi secoli è stata essenzialmente arte sacra), ma anche la legittimità dell’immagine, sacra e non-sacra, artistica e non, per il piacere dei sensi, per la propaganda politica e ideologica, per la pubblicità e la conoscenza scientifica, insomma per le più rarefatte esperienze dello spirito e i più concreti interessi materiali.
Così, l’antica trasgressione alla proibizione biblica di fabbricare immagini, spintasi fino a sciogliere nell’immagine l’assoluto, ha fondato grazie ai dettami di Nicea (“vedere l’invisibile”) il nostro “impero dei sensi”, aperto dall’estetica moderna, in cui si è oramai tecnologicamente consumata ogni distinzione fra visibile e invisibile, in cui tutto può e deve essere visto, sostituendo blasfemicamente Dio con Hollywood e Internet.
Questo volume presenta per la prima volta in italiano i testi fondamentali sull’immagine del Secondo Concilio di Nicea in una traduzione di straordinario fascino, che è riuscita a rendere in spumeggiante italiano contemporaneo la paludata prosa dell’antico greco bizantino. Corredano il volume, curato e presentato da Luigi Russo, un esaustivo apparato critico e tre illuminanti Appendici: storica, storico-artistica, teologica.
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